martedì 29 aprile 2014

Esercizio del diritto di superficie - da Condominioweb.com

In tema di esercizio del diritto di superficie e di sua prescrizione per eventuale non uso protratto nel tempo, non costituisce prova dell'esercizio del diritto la posa in opera di parti strutturali minime rispetto a quello che, invece, il titolare del diritto avrebbe dovuto fare per dimostrarne il citato esercizio.
Detta più semplicemente: la posa in opera di alcuni pilastri e dei getti dei balconi non rappresentano opere sufficienti a dimostrare che s'è esercitato il diritto di superficie con contestuale potere, per chi se ne vuole giovare, di fare valere l'eventuale prescrizione del diritto medesimo.
Questa la conclusione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 8084 del 7 aprile 2014.
Il diritto di superficie è un diritto reale di godimento su cosa altrui. In questo contesto, recita il primo comma dell'art. 952 c.c., “il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri che ne acquista la proprietà”.
Tizio concede a Caio il diritto di superficie sul proprio fondo, consentendogli la costruzione di un'abitazione. A costruzione avvenuta Caio acquista il diritto di proprietà sulla costruzione. In mancanza di determinazione di scadenza il diritto s'intende costituito a tempo indeterminato.
Essere titolare del diritto di superficie non vuol dire automaticamente essere proprietario dell'edificando palazzo, al contrario lasciar passare molto tempo tra l'acquisizione del diritto di superficie e l'esecuzione delle opere può portare all'estinzione del diritto. Detta diversamente: essere inoperosi può costare caro.
Non solo: non tutte le opere possono essere considerate manifestazione dell'esercizio del diritto. A riprova di ciò vale la pena osservare con maggiore attenzione quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 8084 citata in principio.
Pilastri, getti dei balconi e diritto di superficie
Nel caso di specie la controversia sorgeva in relazione al mancato esercizio del diritto di superficie con conseguente estinzione del medesimo. A dire il vero, il titolare del diritto non era stato completamente inerte ma aveva realizzato alcune opere quali i getti dei balconi ed alcuni pilastri, provvedendo negli anni successivi alla loro manutenzione. A suo dire tanto bastava per dire esercitato il diritto, mentre la controparte riteneva quest'attività non sufficiente e come tale pretendeva venisse dichiarata l'estinzione del diritto.
La Cassazione, al termine del giudizio, ha propeso per quest'ultima soluzione. Ciò perché, si legge in sentenza “oggetto del diritto di superficie è un facere che si estrinseca nella edificazione della costruzione, la quale, a sua volta, diventa oggetto della proprietà superficiaria A ciò consegue che le opere intermedie - attraverso le quali si arriva, necessariamente in modo graduale, al completamento della struttura essenziale della costruzione - quali sono, tra le altre, i pilastri in cemento armato e i getti dei balconi, non sono sufficienti ad integrare l'esercizio del diritto” (Cass. 7 aprile 2014 n. 8084).
Come dire: dare inizio alla costruzione con opere minime ma non portarla avanti non vuol dire aver esercitato il diritto di superficie.

Fonte: www.condominioweb.com 

domenica 27 aprile 2014

Approfondimento in merito alle distanze degli edifici.



Viste le numerose sentenze, interpretazioni, opinioni in materia di distanze e diritti di veduta, vogliamo dirvi la nostra:
Occorre partire dal Codice Civile, e più precisamente dall'art. 907 che testualmente recita:

"Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'articolo 905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui  a veduta obliqua si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia."
Come si acquista il diritto di veduta? precisando che il diritto di veduta costituisce una servitù, può essere acquistato per contratto, per usucapione e per destinazione del padre di famiglia.
Posto questo assunto, la Corte di Cassazione, con la sentenza del 11 giugno 2013 n. 14652, ha stabilito che "la veduta, implicando il diritto ad una zona di rispetto, che si estende per tre metri in direzione orizzontale della parte più esterna della veduta e per tre metri in verticale rispetto al piano corrispondente alla soglia della veduta medesima, comporta che ogni costruzione che venga a cadere in questa zona è illegale e va rimossa" (Cass. n. 4389 del 2009; Cass. n. 5390 del 1999; Cass. n. 15381 del 2000)”.
Ne consegue che, data la stessa sentenza, "per effetto delle limitazioni previste dall'art. 907 c.c., a carico del fondo su cui si esercita una veduta, sia che le vedute siano state aperte jure servitutis, sia che vengano esercitate jure proprietatis, deve osservarsi un distacco di metri tre in linea orizzontale dalla veduta diretta, ed eventualmente anche dai lati della finestra da cui si esercita la veduta obliqua, e, in stretta correlazione strumentale con le limitazioni cui tendono i primi due commi dell'art. 907 cit., deve osservarsi analogo distacco anche in senso verticale per una profondità di tre metri al di sotto della soglia della veduta" (Cass. n. 45 del 1992)", precisando inoltre che “l'obbligo della distanza in verticale di tre metri dalla soglia delle vedute esistenti nel fabbricato del vicino va osservato in ogni caso, senza alcuna distinzione tra costruzioni in appoggio e costruzioni in aderenza" (Cass. n. 4976 del 2000; Cass. n. 22954 del 2011), ponendo l'art. 907 c.c. un divieto assoluto, la cui violazione si realizza in forza del mero fatto che la costruzione è a distanza inferiore a quella stabilita, enucleando la norma codicistica in favore del titolare della veduta un diritto perfetto al rispetto della distanza legale da parte della costruzione del vicino, senza introdurre ulteriori condizioni (in tal senso v. Cass. n. 12033 del 2011)" (Cass. 11 giugno 2013, n. 14652).


Fonte:
www.condominioweb.com 

giovedì 24 aprile 2014

Le norme per il condominio valgono anche per i centri commerciali


Con la sentenza della Corte di Cassazione n. 7736 del 2 aprile 2014 è sancito il principio che nei centri commerciali si applicano le norme sul condominio. Infatti  ad un negozio posto all'interno di un centro commerciale sono state richieste le spese condominiali, applicando le norme per il condominio, perché la gestione delle parti comuni non era disciplinata 
La Cassazione ha consolidamente stabilito che "le obbligazioni dei condomini di concorrere nelle spese per la conservazione delle parti comuni si considerano obbligazioni propter rem, perché nascono come conseguenza della contitolarità del diritto sulle cose, sugli impianti e sui servizi comuni. Alle spese per la conservazione per le parti comuni i condomini sono obbligati in virtù del diritto (di comproprietà) sulle parti comuni accessori ai piani o alle porzioni di piano in proprietà esclusiva. Pertanto, queste obbligazioni seguono il diritto e si trasferiscono per effetto della sua trasmissione" (Cass. 18 aprile 2003 n. 6323).
La ripartizione delle spese relative alle parti comuni può essere regolamentata tra le parti in modo autonomo, ma se ciò non si avvera dobbiamo rifarci alle norme condominiali.

Fonte: http://www.condominioweb.com

Tettoia da demolire se a meno di tre metri dalla finestra!!!

Riportiamo un articolo dal sito condominioweb.com
"Il diritto di veduta previsto e disciplinato dall'art. 907 c.c. ha carattere assoluto sicché il proprietario della finestra ha diritto di chiedere in ogni caso l'eliminazione delle opere posizionate a distanza inferiore di tre metri. (nella specie trattasi di una tettoia)
Questa la conclusione cui è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7269 depositata in cancelleria il 27 marzo 2014.
Diritto di veduta e distanze delle costruzioni
Dei risvolti pratici dell'esistenza di questo diritto se ne occupa, s'è detto, l'art. 907 c.c. a mente del quale:
Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'art. 905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia.
Il diritto di veduta si sostanzia in una vera e propria servitù che può acquistarsi per contratto e vista la sua apparenza (costituita dall'affaccio) anche per usucapione e destinazione del padre di famiglia (artt. 1061-1062 c.c.). Se la tettoia limita il diritto di veduta del proprietario del piano superiore, il giudice può ordinarne la rimozione
Il titolare del diritto, quindi, può agire giudizialmente per ottenere la rimozione delle opere realizzate in spregio a quando disposto dall'art. 907 c.c. E' evidente che l'accettazione e/o la preventiva autorizzazione espressa dell'opera fanno venir meno il diritto di agire per la sua rimozione.
Ciò che conta, però, nel caso di violazione delle distanze ai sensi dell'art. 907 c.c. è solamente la violazione delle distanze medesime.
E' questa la soluzione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in esame. Nel caso di specie il convenuto in giudizio, poi ricorrente in Cassazione, lamentava l'illegittimità della decisione impugnata e ne chiedeva l'annullamento. (Distanza tra edifici. Si deve calcolare anche il balcone?)
Gli ermellini non sono stati d'accordo in quanto a loro modo di vedere, in relazione allo specifico caso la costruzione non rientrava nei casi indicati dal convenuto stesso (con corredata citazione di giurisprudenza di legittimità) e la questione doveva essere risolta applicando il principio di diritto (frutto di altro consolidato orientamento di legittimità) che recita: “l'art. 907 cod. civ., che vieta di costruire a distanza inferiore di tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo finitimo, pone un divieto assoluto, la cui violazione si realizza in forza del mero fatto che la costruzione è a distanza inferiore a quella stabilita, a prescindere da ogni valutazione in concreto se essa sia o meno idonea ad impedire o ad ostacolare l'esercizio della veduta (v., in precedenza, Cass. n. 11199 del 2000; Cass. n. 12299 del 1997); la norma infatti enuclea in favore del titolare della veduta un diritto perfetto al rispetto della distanza legale da parte della costruzione del vicino, senza introdurre ulteriori condizioni […]” (Cass. 27 marzo 2014 n. 7269)"

Terminato il Corso al Collegio di Verbania….

Con la giornata di ieri, 22 Aprile, abbiamo completato il corso sulla figura del nuovo amministratore condominiale presso il Collegio Geometri della Provincia di Verbano Cusio Ossola.
Ci siamo confrontati con colleghi di una zona che non conoscevamo approfonditamente e dall'incontro sono scaturiti input importanti per continuare a migliorarci.
I riscontri in aula ed i feedback ricevuti ci hanno offerto la certezza che le nozioni trattate nelle due giornate sono state recepite in pieno.
Nei prossimi giorni concluderemo (finalmente…) i programmi degli altri corsi, in modo da dare la possibilità di percorrere nuove strade ed approfondire gli argomenti già trattati.

venerdì 18 aprile 2014

Sopraelevare in condominio…..



Riportiamo un articolo preso dal sito  CondominioWeb.com

http://www.condominioweb.com/proprietario-dellultimo-piano-come-sopraelevare.2188
In tema di condominio negli edifici, il condomino che intenda sopraelevare, non solamente deve rispettare le prescrizioni previste dall'art. 1127 c.c. ed eventualmente dal regolamento di condominio, ma deve altresì tenere conto che l'opera scaturente da tale attività deve altresì rispettare la normativa in materia di distanze nelle costruzioni.

A questa conclusione è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 7516 depositata in cancelleria il 27 marzo 2014.
Nel caso di specie, tutto aveva avuto inizio a seguito di un'azione giudiziale per denuncia di nuova opera, con la quale il ricorrente chiedeva venisse demolita la parte di nuova costruzione, nella specie una sopraelevazione, realizzata a distanza inferiore a quella prescritta dalla normativa applicabile (nel caso di specie regolamento locale, 10 mt).
La richiesta veniva accolta ed anche il giudizio d'appello non cambiava la sostanza delle cose: quella sopraelevazione andava demolita nella parte che violava le regole dettate in materia di distanze tra le costruzioni. Da qui l'epilogo della vicenda davanti ai giudici di piazza Cavour.
Prima d'entrare nel merito della vicenda è utile ricordare che cosa debba intendersi per sopraelevazione.
Al riguardo, a dirlo è la Cassazione, “la sopraelevazione è costituita dalla realizzazione di nuove opere o nuove fabbriche che superino l'originaria altezza dell'edificio. Pertanto essa non è configurabile nel caso di modificazioni soltanto interne contenute negli originari limiti del fabbricato”. (Cass. civ. 20 luglio 1999, n. 7764). (Divieto di sopraelevazione e particolari discipline antisismiche)
L'art. 1127 c.c. disciplina la sopraelevazione in condominio con riferimento a particolari aspetti. Nello specifico, afferma la norma citata, il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può sopraelevare purché ciò non rechi pregiudizio alla sicurezza, stabilità e decoro dell'edificio e non sia vietato da un regolamento contrattuale.
La sopraelevazione fa sorgere il diritto degli altri condomini a vedersi riconosciuta un'indennità finalizzata a compensare l'aumento di valore della proprietà del sopraelevante. Tale indennità, ha specificato la Cassazione, è dovuta anche se la soprelevazione si sostanza in nuove fabbriche adiacenti a quelle già presenti (o comunque ad ampliamento delle medesime) che non comportino superamento dell'altezza originaria dell'edificio (cfr. in tal senso Cass. 18 novembre 2011 n. 24327). L'indennità spettante ai condomini per l'esercizio del diritto di sopraelevazione
Chiaramente alla sopraelevazione deve seguire la revisione delle tabelle millesimali per aggiornarle alla nuova situazione di fatto.
Oltre a queste regole, per così dire di carattere condominiale, tale intervento edilizio deve rispettare la normativa vigente in materia di distanze.
Ciò ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 7291. Il motivo di questa presa di posizione è il seguente: “in tema di rispetto delle distanze legali tra costruzioni, la sopraelevazione di un edificio preesistente, determinando un incremento della volumetria del fabbricato, è qualificabile come nuova costruzione, con la conseguenza che ad essa è applicabile la normativa vigente al momento della modifica e non opera il criterio della prevenzione se riferito alle costruzioni originarie, in quanto sostituito dal principio della priorità temporale correlata al momento della sopraelevazione” (Cass. 27 marzo 2014 n. 7291).
In sostanza nel caso di specie la nuova costruzione consistente in una sopraelevazione doveva essere demolita nella parte non rispettante la normativa dettata in tema di distanze nelle costruzioni.

sabato 12 aprile 2014

Terminato il corso sul Nuovo Amministratore Condominiale a La Spezia. Impressioni e commenti.


Ieri  è terminato il corso presso il Collegio Provinciale dei Geometri e Geometri Laureati della Spezia. Abbiamo trovato un gruppo di colleghi che ha interagito con noi in modo continuo, solleticati dalle variate normative e da argomenti nuovi che hanno incuriosito e generato richieste di approfondimento.
Il ringraziamento nostro va ai partecipanti ed al Consiglio del Collegio, sempre presente con i colleghi Massimo Ferrari e Stefano Giangrandi.
L'esperienza fatta a La Spezia ci ha fornito nuovi spunti che ci aiuteranno a migliorare ed essere ancor più efficaci di quello che ci siamo prefissati.






giovedì 10 aprile 2014

Rifiuto ingiustificato della parte chiamata in mediazione? Il Giudice ti condanna…..

Le sentenze in materia di mediazione si stanno susseguendo, creando una variegata giurisprudenza che si incrementa giorno dopo giorno.
Dopo l'importante sentenza del Giudice del Tribunale di Firenze sulla effettiva  e convinta partecipazione alla mediazione, è il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ad innovare la materia. 
In una causa per infiltrazioni d'acqua all'interno di un appartamento in affitto, era stata presentata richiesta di risarcimento danno da parte dei conduttori. Il locatore si era reso disponibile, fin dall'insorgere dei problemi lamentati, ad intervenire per accertare i danni e ad eliminarli. Tramite il proprio legale aveva richiesto un incontro con sopralluogo in modo da chiarire la questione.
In tutta risposta il conduttore attivava un ricorso per ATP (696 C.p.c), per l'accertamento delle infiltrazioni e dell'umidità all'interno dell'immobile.
Si ricorda che la mediazione ha una funzione “preventiva”: l'obiettivo è quello di favorire l'incontro delle parti al fine di risolvere la controversia in via conciliativa evitando, ove possibile, il ricorso al giudice. Introdotto dal d.lgs. n. 28/2010, l'applicazione dell'istituto in esame è stata rallentata dalla Corte Costituzionale, che aveva cancellato l'obbligatoria della mediazione. Obbligatorietà che è stata reintrodotta per alcune materia (tra cui le controversie condominiali) dal d.lgs. n. 69/2013, che, inoltre, ha riconosciuto, di diritto, il titolo di mediatore agli avvocati. Al difensore, dunque, è attribuito un ruolo centrale nell'attività di mediazione delle controversie, in una prospettiva che tende sempre di più ad individuare nel ricorso al giudice quale extrema ratio per la soluzione della quasi totalità delle controversie civili.



(Fonte: CondominioWeb.com)

sabato 5 aprile 2014

Lastrico solare: La nuova Sentenza di Cassazione chiarisce?

Nella prima giornata di corso al Collegio Geometri di La Spezia, uno dei punti più dibattuti è stato senz'altro quello relativo ai lastrici solari.
Riprendiamo l'argomento cercando di fare un minimo di chiarezza, appoggiandoci alla Sentenza di Cassazione del 13 Dicembre 2013 n. 27942.  
Il primo passo è definire cos'è il lastrico solare. 
La Sentenza citata enuncia “Per lastrico solare deve intendersi la superficie terminale dell'edificio che abbia la funzione di copertura - tetto delle sottostanti unità immobiliari, comprensivo di ogni suo elemento, sia pure accessorio, come la pavimentazione”

Nella stessa sentenza la Cassazione ha poi precisato che la definizione di lastrico “non può estendersi a quelle opere ivi esistenti che, sporgendo dal piano di copertura, siano dotate di autonoma consistenza e abbiano una specifica destinazione al servizio delle parti comuni”, esempio classico la parte terminale del vano ascensore.

Quando il lastrico è di proprietà ed uso comune, tutti i condomini devono contribuire alle spese di manutenzione in base ai millesimi di proprietà, ex art. 1123, primo comma, c.c.
Se invece il lastrico è a servizio di una parte dell'edificio, le spese saranno a carico dei condomini che ne traggono utilità (art. 1123, terzo comma, c.c.), c.d. condominio parziale.
Nel caso di danni, tutto il condominio (o il condominio parziale) è responsabile in quanto custode del bene ai sensi dell'art. 2051 c.c.
Ora il caso il cui un solo condomino (o al massimo un gruppo di condomini) possa utilizzare il lastrico: si tratta della fattispecie disciplinata dall'art. 1126 c.c., cioè lastrici solari di uso esclusivo. Detto articolo dice che "Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno."
La Cassazione, con sentenza 30 aprile 2013 n. 10195, ha chiarito è non sposta che si tratti di parte dell'edificio in uso o proprietà esclusiva, poiché ciò che conta è la funzione di copertura. Quindi nel caso di rifacimento della guaina impermeabilizzante, chi ne ha l'uso esclusivo paga un terzo della spese mentre i restanti due terzi sono a carico dei condomini cui il lastrico serve da copertura, in base ai millesimi di proprietà dell'intera unità immobiliare e non solo di quella ricadente sotto il lastrico.

Quando il bene è condominiale ma l'uso è esclusivo, oppure quando il lastrico pur essendo di proprietà esclusiva svolge comunque una funzione di copertura dell'edificio, chi è responsabile per che cosa? Su tutti (ma solo per meglio esplicitare il quesito) si pensi ai danni da infiltrazione.



Un'ulteriore sentenza (n. 3672 del 1997) ha disposto che “dei danni cagionati all'appartamento sottostante per le infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla obbligazione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dall'art. 1126 cit.: vale a dire, i condomini, ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo”, concludendo che “poiché il lastrico solare dell'edificio (soggetto al regime del condominio) svolge la funzione di copertura del fabbricato, anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all'obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo”.


(Fonte: CondominioWeb.com
http://www.condominioweb.com/lastrico-solare-definizione.2158)

martedì 1 aprile 2014

La Spezia e Verbania sono le prossime tappe del Corso Tregeoformazione sulla figura del Nuovo Amministratore condominiale



Dopo Pistoia, Aosta e Lodi ci apprestiamo ad incontrare i colleghi di La Spezia e Verbania. Presso i Collegi Geometri delle due provincie, si terrá, infatti, il corso "Il Nuovo Condominio, il ruolo dell'Amministratore e la Mediazione nei conflitti", con la speranza di trovare la stessa partecipazione dei corsi già svolti. 

Collegio Geometri La Spezia  4 e 11 Aprile 
Collegio Geometri Verbania 15 e 22 Aprile

Per informazioni sulle iscrizioni per il corso di La Spezia contattare direttamente il Collegio Geometri Provinciale.

Relativamente invece alle iscrizione al corso di Verbania inviare una mail a tregeoformazione@gmail.com o contattare il Collegio Geometri.