sabato 31 maggio 2014

Utile articolo sull'umidità da Condominioweb.com

Si sente spesso parlare delle noie, veri e propri danni, causati dalla così detta umidità di risalita. Ci sono persone, che, specie in quegli edifici con i box ai piani interrati, lamentano veri e propri affioramenti di acqua da pavimento.
Che cos'è l'umidità di risalita? Chi deve fare che cosa per eliminare questo fenomeno?
L'umidità di risalita rappresenta una delle forme di umidità largamente diffuse; essa può manifestarsi tanto nei casi di costruzione recente, quanto in quelli di edificio vecchio. Tale umidità di risalita può essere causata:
a) da un sistema di isolamento danneggiato (es. perché usurato) o inefficace in generale o comunque rispetto alla specifica situazione;
c) dall'assenza di sistemi di isolamento;
Tale problematica è causata dal così detto fenomeno della capillarità: in buona sostanza l'acqua presente nel terreno sottostante l'edificio risale capillarmente dalle fondamenta e si manifesta nella parte bassa di muri e spesso anche sul pavimento.
Perché in alcuni casi il fenomeno è più evidente di altri?
fattori sono molteplici:
a) quantità di acqua presente nel sottosuolo;
b) qualità dei materiali utilizzati per la costruzione dell'edificio.
Sul tutto incidono in modo più o meno pesante le condizioni meteo.
Chiarito cosa debba intendersi per umidità di risalita è necessario comprendere chi debba attivarsi per risolvere il problema manifestatosi e segnalato. (=> Problema umidità. Analisi dell'isolamento ed indicazioni per la risoluzione)
L'umidità, abbiamo detto, risale dal sottosuolo. Il suolo è la parte comune sulla quale poggia l'edificio (cfr. Cass. 15 febbraio 2008, n. 3854). “Il sottosuolo, invece, è costituito dallo spazio sottostante il suolo ed esistente in profondità; esso, ancorché non espressamente menzionato dall'art. 1117 c.c., va considerato di proprietà comune in mancanza di un titolo, che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, avuto riguardo alla funzione di sostegno che contribuisce a svolgere per la stabilità del fabbricato (Cass. 24 ottobre 2006, n. 22835; Cass. 9 marzo 2006, n. 5085; Cass. 28 aprile 2004, n. 8119; Cass. 11 novembre 1986, n. 6587)”(Cass. 15 febbraio 2008, n. 3854).
Ciò che conta di più ai nostri fini è che anche il sottosuolo debba essere considerato parte comune dell'edificio in condominio.
Sottosuolo, custodia e danni 
Chi è il custode delle parti comuni? Per costante giurisprudenza il custode, ai sensi dell'art. 2051 c.c. dev'essere considerato il condominio.
La norma contenuta nell'art. 2051 c.c., dice ormai da anni la giurisprudenza, individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva
Ai fini della sua applicazione, quindi, chi lamenta un danno deve limitarsi a dimostrare l'esistenza “del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, poiché l'azione di responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c., presuppone sul piano eziologico e probatorio accertamenti diversi, e coinvolge distinti temi di indagine rispetto all'azione di responsabilità per danni a norma dell'art. 2043 c.c., dipendente dal comportamento del custode, che è invece elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'art. 2051 c.c., nella quale il fondamento della responsabilità è la custodia” (così Cass. 20 maggio 2009 n. 11695)
In questo contesto fattuale e normativo, la responsabilità del custode è “esclusa soltanto nel caso in cui l'evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale e cioè quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l'evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile (Cass. 12329/2004, 376/2005, 2563/2007)” (così Cass. 20 maggio 2009 n. 11695).
In buona sostanza, stando a quanto appena specificato, i danni causati dall'umidità di risalita dal sottosuolo condominiale devono essere risarciti dal condominio in quanto custode di quel bene. Non solo risarcimento ma anche obbligo di eliminazione del problema con spese a carico della compagine. Quest'ultima, se ancora in tempo e se si rientra nel caso di cui all'art. 1669 c.c., può proporre azione di responsabilità contro l'appaltatore per gravi difetti dell'immobile.


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venerdì 30 maggio 2014

Manutenzione del lastrico solare - principi e sentenze

I principi di diritto. Alla manutenzione del lastrico solare dell'edificio che svolge funzione di copertura del fabbricato anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, sono tenuti tutti i condomini in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare dell'uso esclusivo.
Di conseguenza dei danni cagionati all'appartamento sottostante  per infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico e/o dalla terrazza a livello, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti i condomini inadempienti alla funzione di conservazione secondo le proporzioni stabilite dall'art. 1126 c.c., vale a dire i compartecipi ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo (Cass. S.U. 29-4-1997 n. 3672; Cass. 11-9-1998 n. 9009; Cass. 17-1-2003 n. 642; Cass. 13-3-2007 n. 5848, Cass. 17-10-2001 n. 12682).
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In effetti, è pacifico ritenere in giurisprudenza, ove comprovata dai fatti, la responsabilità per cose in custodia (art. 251 cod. civ.) e/o di natura extracontrattuale (art. 2043 cod. ci) a carico sia del proprietario del lastrico solare, che del Condominio tout court.
Se vi è inerzia cosa succede?. Anzi, il proprietario di una terrazza a livello che abbia anche funzione di copertura dell'edificio condominiale è liberato dalla responsabilità per i danni derivati ad appartamenti sottostanti per infiltrazioni di acqua solamente dando la prova del caso fortuito, della forza maggiore o del fatto del terzo, che può anche consistere nell'inerzia colpevole del condominio (o degli organi preposti alla sua amministrazione) che sia stato tempestivamente informato dell'esistenza di guasti, vizi o difetti della terrazza da cui il danno è derivato (Cass. civ., sez. III, 30 maggio 1988, n. 3696).
La decisione. Il Tribunale di Milano, con Sentenza del 07 gennaio 2014, nr 115, ha recentemente confermato gli assunti riportati. Inoltre, ha condannato ad “danno futuro” il Condominio, ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c., prevedendo la pena di € 100,00 per ogni giorno di ritardo che dovesse, eventualmente, maturare prima dell'inizio delle opere ingiunte. Infine, ha responsabilizzato l'amministratore per l'occorsa vicenda, affermando che questi avrebbe potuto provvedere immediatamente, senza bisogno di ricorrere alla convocazione di un'assemblea condominiale.
Il proprietario di un immobile ubicato sotto una terrazza a livello, svolgente funzioni di copertura dello stabile condominiale, ha convenuto in giudizio il proprio Condominio e la vicina dell'appartamento sovrastante, chiedendo che venisse dichiarata la loro responsabilità per i danni causati alla per le infiltrazioni dovute all'incuria del terrazzo.
Il Condominio convenuto si costituiva nel processo eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva. La proprietaria del terrazzo a livello non si costituiva in giudizio e veniva, invece, dichiarata contumace.
Il Giudice disponeva una consulenza tecnica al fine di accertare la causa e provenienza delle lamentate infiltrazioni, e, se del caso, per quantificare i danni subiti dalla parte ricorrente. Esaurita l'istruttoria, la causa è stata rimessa in decisione.
I motivi della decisione. Il Tribunale milanese ha, per quel che è dato qui interessare, rigettato l'eccezione sulla carenza di legittimazione passiva del Condominio, ricordando che: “… la giurisprudenza è unanime nell'affermare la responsabilità del Condominio nei casi in cui dalla mancata manutenzione del lastrico solare derivi un danno all'appartamento sottostante. Infatti, poiché il lastrico solare dell'edificio (soggetto al regime del condominio) svolge la funzione di copertura del fabbricato, anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all'obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo”.
Il Giudice di merito ha poi affermato che: “… dei danni cagionati all'appartamento sottostante per le infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dal cit. art. 1126, vale a dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo (cfr. Cass. Sez. Un., 3672/1997)”.
Le conseguenze. Il Tribunale Milanese dopo aver individuato le opere e gli interventi da eseguire per la rimozione delle cause di infiltrazione che attanagliavano l'immobile sottostante la terrazza a livello - sulla scorta delle indicazioni offerte nella relazione di consulenza tecnica di parte -, ha avuto pure modo:
  • da una parte, di responsabilizzare l'amministratore per non essersi prontamente adoperato alla risoluzione del problema (“… doveva provvedere urgentemente ad eliminare le infiltrazioni, senza necessità di attendere le decisioni dell'Assemblea condominiale”);
  • e, dall'altra parte, al fine di assicurare l'inizio immediato dei lavori, ha prefissato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 614 bis c.p.c. la somma di Euro 100,00 a carico del Condominio e/o del proprietario del lastrico solare per ogni giorno di ritardo che si dovesse accumulare prima dell'effettivo inizio dei lavori.



Fonte http://www.condominioweb.com/mancata-manutenzione-della-terrazza-a-livello.2227#ixzz31ucxLAbt
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lunedì 26 maggio 2014

Sentenza della Cassazione in materia di tabelle millesimali…..

La cronaca giudiziaria condominiale ci sottopone un'altra sentenza in materia di approvazione e revisione delle tabelle millesimali nonché ci fornisce uno spunto per ribadire che, salvo particolari disposizioni, i locali a piano terra debbono essere considerati parte integrante del condominio ai fini della ripartizione delle spese.
La sentenza che ci offre questi spunti di riflessione è la n. 9232 depositata in cancelleria il 23 aprile 2014.
Il caso che ha portato gli ermellini a pronunciarsi nei succitati termini è di quelli comunissimi: un condomino impugna una serie di delibere inerenti l'approvazione a maggioranza delle tabelle millesimali, nonché le successive deliberazioni di approvazione della rendicontazione fondata su qui valori.
Natura delle tabelle millesimali e quorum deliberativi
Per lunghi anni s'è dibattuto sulla natura delle tabelle millesimali: negozio di accertamento del valore delle unità immobiliari o semplice strumento utile per la ripartizione delle spese e per il funzionamento dell'assemblea?
Il dubbio amletico è stato risolto dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con una sentenza, la n. 18477 del 18 agosto 2010, che ha propeso per l'ultima soluzione: le tabelle millesimali altro non sono che uno semplice strumento previsto dalla legge per il normale funzionamento del condominio ed essendo un allegato al regolamento possono essere approvate e/o modificate con le medesime maggioranze previste per l'approvazione/revisione dello statuto del condominio.
Si badi: la revisione di cui si parla è quella legata ad un errore nella redazione delle tabelle e/o ad una loro sopraggiunta non rispondenza alla situazione di fatto (es. per sopraelevazioni, chiusura vani, ecc.)
L'impianto motivazionale della sentenza pare essere stato recepito in sede di elaborazione della riforma del condominio. L'attuale art. 69 disp. att. c.c. legittima la revisione a maggioranza per i casi di errore e mutate condizioni dell'edificio. Non vi sono motivi di non credere che anche l'approvazione ab origine di tabelle conformi ai criteri di ripartizione legale possa essere deliberata con le maggioranze prescritte per il regolamento.
È un errore non considerare i locali terranei nella redazione delle tabelle
Nel caso risolto dalla sentenza n. 9232 il condomino impugnante si lamentava del fatto che l'assemblea avesse approvato delle tabelle che avevano considerato la propria unità immobiliare attribuendole un valore millesimale che, all'orgine, non le era stato attributo. In buona sostanza per il condomino le originarie tabelle, nelle quali effettivamente della sua unità immobiliare non v'era traccia, dovevano essere considerate alla stregua di una diversa convenzione che lo escludeva dalla partecipazione alle spese.
Per il Tribunale, prima, e per la Corte d'appello, poi, le cose non stavano così: le tabelle originarie predisposte dal costruttore erano errate, ossia non avevano volutamente escluso l'unità immobiliare dell'attore dal concorso alle spese e quindi era lecito pervenire alla revisione dei valori millesimali per via assembleare.
La Cassazione ha ritenuto la sentenza d'appello impugnata legittima. In particolare si legge in sentenza che “in tema di condominio, l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale; ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, secondo comma, cod. civ. (Sez. Un., 9 agosto 2010, n. 18477)” (Cass. 23 aprile 2014 n. 9232). Insomma l'ennesima conferma dell'orientamento espresso dalle Sezioni Unite. D'altra parte non potrebbe essere diversamente, trattandosi di una pronuncia di una sezione semplice della Cassazione, non essendoci stata ordinanza di remissione alle Sezioni Unite, (cfr. art. 374 c.p.c.).
I locali a pian terreno, dunque, sono parte integrante del condominio e partecipano alle spese per la gestione della compagine come qualunque altra unità immobiliare (sul punto si veda anche Cass. 10 luglio 2007 n. 15444).




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venerdì 23 maggio 2014

Nomina di un nuovo amministratore e revoca del precedente (da condominioweb)

L'assemblea, convocata per la revoca o le dimissioni, delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore.
Così recita il secondo periodo dell'art. 1129, decimo comma, c.c.
In buona sostanza se i condomini intendono chiedere la convocazione di un'assemblea per la revoca dell'amministratore in carica o se quest'ultimo convoca l'assise per la comunicazione delle sue dimissioni, l'ordine del giorno deve recitare pressappoco così:
- revoca (o dimissioni) dell'amministratore in carica e nomina di un nuovo amministratore.
Che cosa succede se, invece, i condomini deliberano la nomina di un nuovo amministratore senza prima decidere sulla revoca di quello in carica?
Si pensi all'assemblea autoconvocata (cfr. art. 66, primo comma, disp. att. c.c.), perché l'amministratore uscente non ha provveduto ad evadere la richiesta nei tempi previsti dalla legge, nella quale i condomini abbiano inserito all'ordine del giorno un unico punto, ossia nomina nuovo amministratore, senza prima procedere alla revocazione di quello attualmente in carica.
Quel deliberato può considerarsi illegittimo?
Al quesito ha fornito soluzione la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9082 del 18 aprile 2014.
La pronuncia desta particolare interesse in quanto, pur riguardando un caso sorto prima dell'entrata in vigore della riforma, mantiene uguale valore anche alla luce dell'attuale normativa; vediamo perché.
Rapporto amministratore condominio
Ormai da anni era in giurisprudenza si affermava che “l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato” (così, tra le tante, Cass. SS.UU. n. 9148/08).
La legge n. 220/2012 (la così detta riforma) novellando l'art. 1129 c.c. ha introdotto un comma, il quindicesimo, che rinvia alla disciplina del contratto di mandato, in quanto compatibile, per tutto quanto non previsto dal medesimo art. 1129 c.c.
Come si suole dire s'è verificato un sostanziale recepimento nel dettato normativo dell'elaborazione giurisprudenziale. È in questo contesto di sostanziale continuità, nel passato ed attualmente, si muoveva e si deve muovere l'interpretare per dare risposta al quesito che abbiamo formulato in precedenza?
Che cos'ha detto la Cassazione riguardo alla nuova nomina non preceduta da revoca?
Si legge in sentenza che le norme sul mandato trovano applicazione nel rapporto tra amministratore e condominio se non sono incompatibili con lo specifico rapporto. In questo contesto la revoca tacita del mandatario, disciplinata dall'art. 1724 c.c. non pare incompatibile con la disciplina dei rapporti appena citati. Ciò perché, spiega la Corte, “deve sottolinearsi che, ai sensi dell'art. 1129 cod. civ., l'amministratore può essere revocato in ogni tempo dall'assemblea e, quindi, anche prima della scadenza annuale senza alcuna motivazione ovvero indipendentemente da una giusta causa. La norma ha la finalità di assicurare che la gestione dei beni e dei servizi - che deve soddisfare gli interessi comuni - riscuota la costante fiducia dei condomini: pertanto, l'assemblea - nell'esercizio delle sue prerogative - ben può procedere alla nomina del nuovo amministratore senza avere preventivamente revocato l'amministratore uscente” (Cass. 18 aprile 2014 n. 9082).
In buona sostanza la revoca tacita non lede la continuità di gestione del condominio posto che il nuovo mandatario sostituisce il predecessore senza lasciare “vuoti di gestione”.
All'amministratore ingiustamente revocato anzitempo, resterà, eventualmente, l'azione di risarcimento del danno per mancato guadagno.
Quanto detto dalla Cassazione, si ribadisce, riguarda un caso sorto nella vigenza della vecchia normativa; tuttavia la sostanziale uniformità della nuova legge rispetto al passato fa concludere per la sua validità anche per i casi simili che andranno a porsi nella vigenza delle attuali norme.



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domenica 11 maggio 2014

Come misurare la distanza tra fabbricati….. ulteriore (e ultimo?) post su questa frequente questione….


La distanza tra fabbricati e tra muri di confine è una delle più frequenti controversie tra vicini. La questione tocca le proprietà private, indirizzando, conseguentemente, umori e comportamenti delle perone. Ecco perché il nostro Codice Civile la affronta sovente Una materia molto ricca, disciplinata diffusamente dal codice civile, stabilendo alcune misure minime che, è bene rimarcare, i regolamenti edilizi locali ritoccano e variano. Consultare perciò gli strumenti urbanistici comunali e le leggi regionali è necessario per inquadrare correttamente i singoli casi. Il Codice Civile stabilisce che la distanza minima, tra due edifici costruiti ovviamente non in aderenza, misurata in linea d'aria debba essere pari a 3 metri. 
La misurazione della distanza minima prende come riferimento il limite estremo del fabbricato (o della costruzione) costituito da murature, travi, pilastri, scale, mentre non sono sempre ricompresi i balconi e le altre sporgenze, la cui considerazione varia a seconda del regolamento edilizio o strumenti urbanistici locali.
In riferimento invece ai muri di confine, il codice civile concede la possibilità di recintare la proprietà, facendo però differenti ipotesi in virtù dell'altezza del muro stesso.
Tratteremo prossimamente l'argomento alla luce delle sentenze di cassazione che (a volte) forniscono una chiave di lettura della questione, generando (spesso) confusione sull'interpretazione dei singoli casi.

martedì 6 maggio 2014

Iniziata la collaborazione con "Il Tecnico Legale" rivista del Gruppo Sole24 Ore!!!!

Con un articolo sul periodico "IL TECNICO LEGALE", a firma di Luca Bini e Claudia Caravati, è iniziata la nostra collaborazione con il Gruppo Sole24 Ore.
L'articolo dal titolo "Il Nuovo Amministratore: requisiti, qualità e competenze" è contenuto nel numero 4 uscito il 15 Aprile 2014 e tratta delle caratteristiche che deve possedere il professionista che si trova ad affrontare il complesso ruolo di amministratore di condominio.

sabato 3 maggio 2014

I nuovi corsi di Tregeoformazione per il 2014


Abbiamo completato i corsi che, per il 2014, proponiamo come TREGEOFORMAZIONE.
Dall'esperienza maturata negli incontri con i colleghi, sono scaturite richieste e sollecitazioni per dare informazioni e nozioni immediatamente spendibili nella quotidiana vita professionale.
Abbiamo affrontato le problematiche del condominio, analizzato la gestione dello studio , dei clienti e dei collaboratori, fino alla corretta redazione del regolamento condominiale, delle tabelle millesimali o di un preliminare di compravendita.
Con l'obiettivo di valorizzare il "parlare la stessa lingua", abbiamo cercato di approfondire materie di nostra competenza ed altre meno usuali (comunicazione, mediazione, negoziazione). A breve inseriremo nel sito i programmi dettagliati.
Chi è interessato a maggiori informazioni o al catalogo corsi può inviare una mail a tregeoformazione@gmail.com.

PROPOSTA FORMATIVA 2014 TREGEOFORMAZIONE
CORSO “A” - “Il Nuovo Condominio, il ruolo dell'Amministratore, la Mediazione e la Gestione dei conflitti”
CORSO “B” - “La gestione dello studio: dal comunicare efficacemente con clienti e collaboratori, all'aiuto ed alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie
CORSO “C” - “Amministratore anni 2000: requisiti, competenze e fiscalità”
CORSO “D” - “L'importanza del Regolamento e delle tabelle millesimali a prova di condomino molesto”
CORSO “E” “Opere di manutenzione in ambito condominiale”
CORSO “F” - “Guerre condominiali – le più frequenti problematiche e la loro gestione”
CORSO “G” “Contratto preliminare di compravendita e novità nei trasferimenti immobiliari”

Ancora un post sulle distanze tra costruzioni (articolo tratto da condominioweb.com)


Esiste una norma del codice civile, l'art. 873, dedicata alle distanze nelle costruzioni che recita:
Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.
La legge ha valore suppletivo ed integrativo rispetto alle normative locali.
Che cosa deve intendersi esattamente per costruzione, in assenza di una definizione legislativa, lo ha chiarito la Corte di Cassazione.
Gli ermellini, chiamati in più occasioni ha pronunciarsi in relazione al concetto di costruzione rilevante ai fini dell'applicazione della norma in esame, hanno affermato che è da considerarsi costruzione "ogni manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, e ciò indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera, dai caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno, dall'uniformità o continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione e dalla sua funzione o destinazione".
Da piazza Cavour, sempre nella stessa sentenza hanno specificato che i balconi, le scale, le terrazze ed in ogni tutte quelle parti "costituenti aggetti di un edificio, questi, ove siano stabilmente incorporati nell'immobile e non abbiano una funzione meramente decorativa od ornamentale, accrescono la superficie, il volume e la funzionalità dell'immobile cui accedono e rientrano nel concetto civilistico di costruzione, per cui di essi deve tenersi conto ai fini delle distanze, che vanno misurate dal limite dei manufatti aggettanti verso il vicino" (Cass. 28 settembre 2007 n. 20574).
In questo contesto vige il così detto principio della prevenzione. Che cosa vuol dire? Tale principio determina come debbano calcolarsi le distanze. In buona sostanza dati due fondi confinanti la distanza tra le costruzioni si calcola tenendo quale punto di riferimento la prima costruzione edificata nel tempo.
In tale condizione è bene ricordare che un edificio soggetto a ristrutturazione o ricostruzione deve rispettare le distanze prescritte al momento della sua originaria edificazione, mentre ad una demolizione seguita da nuova costruzione segue, a sua volta, l'obbligo di rispettare le distanze vigenti al momento della nuova costruzione.
Come distinguere nuova costruzione, ristrutturazione e ricostruzione?
Secondo la Corte di Cassazione, che s'è pronunciata in materia - sia pur incidentalmente con la sentenza n. 8731 del 15 aprile 2014 - "l a semplice constatazione dell'aumento di superficie e di volumetria è sufficiente a rendere l'intervento edilizio non riconducibile al paradigma normativo della "ristrutturazione" o della "ricostruzione", bensì a quello della "nuova costruzione", come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento di tale intervento (v. per tutte Cass. Sez. Un. 19-10-2011 n. 21578)" (Cass. 15 aprile 2014 n. 8731).
Ad ogni buon conto, nell'ambito di un'azione di manutenzione del possesso (che quindi riguarda la tutela di una situazione di fatto) la nuova costruzione posta a distanza superiore a quella precedente, ma comunque a distanza non regolamentare, non dev'essere per forza considerata illegittima se rispetto alla situazione di fatto preesistente la condizione di fatto, ossia l'esercizio del possesso, non siano peggiorati rispetto alla condizione precedente (in questo senso Cass. 15 aprile 2014 n. 8731).
Si badi con ciò la Corte suprema non ha voluto affermare che è legittimo costruire a distanze inferiori dalla legge ma che la specifica azione utilizzata, ossia quella di manutenzione nel possesso, non considera rispetto ad altre (leggasi azione petitoria) la violazione delle distanze indice automatico di lesione del possesso, ossia della situazione di fatto (e non di diritto).



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