giovedì 24 dicembre 2015

Tanti auguri ai nostri lettori, a chi frequenta i nostri corsi, a chi ci segue…..


Dai e dai ecco un post che non è lavorativo…. I nostri auguri più grandi a chi frequenta il nostro blog, a chi ci segue nei nostri corsi, a chi ci scrive per avere chiarimenti su questioni riguardanti i nostri ambiti professionali e comunque a tutti quelli che ci conoscono e ci conosceranno….. Che il Natale che ormai è alle porte sia Sereno e che il 2016 porti gioia e soddisfazioni ad ognuno di noi….
Abbiamo scritto una piccola storia sul Natale, prendendo spunto dalla nostra professione ma valida per tutti quelli che si impegnano ogni giorno nella propria attività….

Natale alle porte
Notte. Cielo stellato. Freddo pungente. La luna piena rischiara la città, lasciando solo intravedere le sagome delle case, puntinate dalle luci ad intermittenza del natale che fanno capolino dietro le finestre. La temperature è gelida ma l’aria sa di feste imminenti e gioia in arrivo.
Tra poco ai volti stupiti e curiosi dei bambini mentre aprono un pacco regalo, faranno da contraltare le facce disincantate dei grandi, obbligati, forse, ad una gioia da ricercare a tutti i costi, più per far felici gli altri che se stessi.
Il periodo non è tra i migliori: i pensieri, le tensioni, le preoccupazioni lavorative riescono a minare anche gli animi più ben disposti o quelli più ottimisti.
In un ufficio, al piano terra di un palazzo che si affaccia su una via del centro, le luci all’interno sono accese. Le ultime scadenze prima della fine dell’anno obbligano il geometra a passare qualche lunga serata in studio, mentre il silenzio interno al suo familiare ambiente di lavoro viene piacevolmente rotto dalle voci e dalle risate di chi cammina per strada. Le vetrine del proletario piano terra regalano un rapporto con chi vive lungo la via, fortuna che non si può godere chi sta al piano nobile.
Piazzato alla scrivania, sta terminando una relazione che servirà ai suoi clienti a chiudere un accordo su una divisione di alcuni fabbricati, riuscendo a salvare i rapporti tra i familiari, grazie alla sensibilità che il geometra ha messo nel dosare sapientemente valori e umanità, quasi fosse un farmacista che confeziona col bilancino una medicina. Ormai la definizione è messa a punto, la sua opera quasi completata, il senso di rilassamento dopo uno sforzo sta avanzando improvvisamente, così come all’improvviso la stanchezza lo ammanta, il corpo si adagia pesantemente sullo schienale imbottito della poltrona e gli occhi si chiudono……
Si desta di soprassalto, cercando di riconoscere qualcuna delle voci che, a volte, dalla strada piombano nelle stanze dove lavora, ma si rende subito conto di non essere alla sua abituale postazione; si trova probabilmente all’esterno, in un giardino, la luna non c’è più ed il buio pesto che lo circonda  lo obbliga ad affidarsi all’udito ed all’olfatto per capire dov’è finito.
Rumori di rami e foglie che si agitano compostamente nel vento debole, l’aria serena, il rumore della neve che cade, il profumo pungente di pino e di abete lo riportano alla sensazione del vero Natale, sentire ormai dimenticato da molti anni, anni in cui le feste regalavano ore di gioia.
D’un tratto una voce calda e profonda lo chiama, sorprendendolo e impaurendolo un po’. Si gira, con circospetto, ma non riesce a scorgere nessuno, sente solo la voce che mantiene un tono calmo e rassicurante.  Prova a dire qualche parola ma si accorge di non riuscire a parlare, o meglio ci prova ma dalla bocca non escono suoni; è una situazione nuova che vive… di regola parla in continuo: al telefono, con i clienti, con colleghi, con dipendenti di qualche ente pubblico, con le maestranze in cantiere ; ed ora è costretto ad ascoltare ciò che lo circonda e, nel forzato silenzio, il soffocato rumore intorno a sé si fonde con il suo rumore interno; il cuore che batte, la cassa toracica che si gonfia e si sgonfia incessantemente, i muscoli del corpo che si rilassano e si contraggono, seguendo le sensazioni vissute all’istante.
Immerso in una natura che non vede ma sente, si rende conto di assuefarsi a quella sensazione di pace che adesso lo pervade…. Probabilmente è quello che alcuni chiamano spirito natalizio, quasi che solo a Natale si possa provare e che in altri periodi dell’anno sia un’inarrivabile chimera.
Galleggia per un po’  su questa soffice nuvola di serenità, ridotto magicamente e fortunatamente al silenzio, come se parlare in una situazione come quella possa rovinarla o farla dissolvere.
Anche se adesso capisce che dipende solo da lui, da come affronta i problemi, da come si pone davanti al suo lavoro e, più in generale, davanti alla vita….. adesso è sicuro che se provasse a parlare, le parole uscirebbero fluenti e con tono squillante, ma preferisce aspettare ancora; adesso è lui che non vuol interrompere questa catena di belle sensazioni con le banalità che a volte si dicono o siamo costretti a dire. Ci sarà tempo per dire tutto ciò che vuole, ma questo momento di intimità è il suo, in solitudine con se stesso…..
Un clacson lo sveglia, la poltrona lo accoglie sempre, si è un po’ raffreddato perché il termostato è stato tarato su un orario di lavoro normale e a quell’ora il riscaldamento non parte, è tempo di chiudere la pratica e tornarsene a casa. Domani sarà un'altra giornata piena di impegni e di preoccupazioni ma, stranamente, non ha la solita sensazione di stomaco contratto che lo attanaglia ogni sera quando chiude le serrature e mette l’allarme in studio.
Stare qualche minuto con se stesso l’ha aiutato ad andare dove, forse, è possibile assaporare la sensazione del Natale.
Alla relazione per la divisione manca solo qualche virgola per essere conclusa, lo farà domani…. In questo momento ha deciso di pensare un po’ anche per sé; uscendo per strada, a notte fonda, si accorge che sta cominciando a nevicare, e comincia a sorridere……..
Buon Natale

(dedicato a tutti quelli che, con semplicità e gioia, riescono ad assaporare le feste natalizie; ma dedicato ancora di più a quelli che, per ritrovare lo spirito natalizio, devono trovare la forza di andare oltre i pesanti pensieri del quotidiano, ma che lo fanno perché non si vogliono arrendere…)

martedì 22 dicembre 2015

Condominio: se i parcheggi non bastano, si procede con i turni che valgono anche per i "non residenti" Fonte: (www.StudioCataldi.it)

Lo chiarisce il Tribunale di Roma spiegando che solo un regolamento contrattuale o una convenzione tra tutti i comproprietari può escludere la turnazione.
Quante liti in condominio per i parcheggi! Tutte le volte in cui i posti disponibili non sono sufficienti a soddisfare tutti i condomini, ecco che ognuno di essi cerca una ragione per poter rivendicare il proprio diritto sul posteggio.
Ma quando i posti non bastano occorre applicare il criterio della turnazione tra tutti gli aventi diritto. Compresi i "non residenti". A ricordarlo è la quinta sezione civile del Tribunale di Roma, con la sentenza numero 16154 del 2015.
Nel caso di specie, a due sorelle, proprietarie di un appartamento nel quale tuttavia non risiedevano, era stato proibito mediante due delibere condominiali di utilizzare i posti auto del cortile comune.
Nonostante la donna che principalmente richiedeva di posteggiare nel cortile avesse addirittura partecipato alle spese di rifacimento, alla stessa non erano neanche state consegnate le nuove chiavi di accesso.
Per i giudici, però, tale esclusione non può essere considerata valida.
Il criterio della turnazione, infatti, non può essere influenzato dal criterio della residenza: perché i condomini abbiano il diritto di utilizzare come tutti gli altri il bene comune basta che siano proprietari.
Solo un regolamento condominiale con natura contrattuale o una convenzione tra tutti i comproprietari potrebbe semmai portare a una soluzione diversa. Viceversa, la lesione del diritto dominicale deve ritenersi palese.
Le due delibere con le quali sono state discriminate le due "non residenti" vanno quindi considerate nulle… con buona pace degli altri condomini.



(www.StudioCataldi.it) 

mercoledì 16 dicembre 2015

Il distacco dell’energia elettrica in danno del condomino moroso configura il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni Fonte: (www.StudioCataldi.it)

Articolo puntuale dell'Avv. Accoti da www.studiocataldi.it
Ci eravamo già occupati, da un punto di vista civilistico, della problematica relativa alla possibilità di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.
In quella sede si evidenziavano le difficoltà interpretative della norma, tanto che, in merito alla concreta applicazione stessa, la giurisprudenza di merito si era immediatamente divisa.
Con la riforma del condominio del 2012 (entrata in vigore il 18.06.2013), il legislatore ha modificato l'art. 63 disp. att. c.c., prevendendo al 3° comma dello stesso, la possibilità per l'amministratore, in caso di mancato pagamento dei contributi protratto per un semestre, di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento superato.
Lo scrivente aveva espresso perplessità in merito alla stessa, ritenendola consentita solo in relazione a quelle forniture non essenziali, con divieto di sospensione per le forniture di prima necessità (acqua, luce, riscaldamento, ecc.) che, semmai, potrebbero essere interrotte solo negli immobili non destinati ad abitazione principale (quali ad esempio: doppi immobili, box, garage, cantine, ecc.).
Ed invero, il Tribunale di Milano, con ordinanza del 24.10.2013, aveva ritenuto illegittima la sospensione del servizio di riscaldamento, in quanto bene primario costituzionalmente protetto.
Di contro, più di recente, una siffatta interpretazione non era stata ritenuta condivisibile (Tribunale di Roma, ordinanza del 27 giugno 2014; Tribunale di Brescia, ordinanze del 17.02.2014 e del 21.05.2014), tanto è vero che era stato ordinato al condomino moroso di consentire ai tecnici incaricati dal condominio la sospensione della fornitura del riscaldamento, mediante ingresso all'interno dei locali di loro proprietà e mediante interruzione dell'afflusso dell'acqua calda dalle tubazioni condominiali verso i radiatori posti all'interno dell'unità immobiliare.
Ora la Suprema Corte, sia pure in una fattispecie antecedente l'anzidetta riforma del condominio, comunque applicabile per analogia anche al mutuato quadro legislativo, sembra condividere l'interpretazione meno afflittiva della menzionata norma.
In buona sostanza, il Tribunale di Cuneo prima, e la Corte d'Appello di Torino dopo, condannavano un tizio per avere, quale gestore di un residence, disattivato la corrente elettrica in un appartamento di un condomino moroso nel pagamento di utenze condominiali, alla pena di Euro 250,00 – oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile – per il reato di cui all'art. 392 C.P. di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Ricorreva in cassazione l'imputato, deducendo di essere un mero esecutore di provvedimenti intrapresi da terzi soggetti, in particolare, dall'amministratrice della società che gestiva il residence che, peraltro, aveva già informato il condomino moroso dell'imminente distacco.
La Corte di Cassazione non vuol sentire ragioni, e con sentenza n. 47276, del 30.11.2015, dichiara inammissibile il ricorso dell'imputato, così confermando la pena allo stesso comminata in primo grado.
A sostegno della decisione assunta, la VI sezione penale riferisce come: "Nel caso in esame, la circostanza che l'imputato abbia eseguito decisioni o direttive del titolare del diritto non esclude affatto di per sé la punibilità dell'agente, in quanto per costante giurisprudenza il soggetto attivo del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni può essere anche colui che eserciti un diritto pur non avendone la titolarità, ma agendo per conto dell'effettivo titolare (tra tante, Sez. 6, n. 8434 del 30/04/1985; Sez. 6, n. 14335 del 16/03/2001). Né tale circostanza poteva escludere nel caso di specie il dolo dell'agente. Giova rammentare che il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, previsto dall'art. 392 c.p., richiede, oltre il dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà di farsi ragione da sè pur potendo ricorrere al giudice, anche quello specifico, rappresentato dall'intento di esercitare un preteso diritto nel ragionevole convincimento della sua legittimità".
Al fine di coordinare la decisione in commento, con gli aspetti civilistici della vicenda, dopo aver ricordato come il III comma dell'art. 63 disp. att. c.c., dispone che: "In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato", l'art. 392 c.p., prevede: "Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a cinquecentosedici euro…".
Appare evidente, pertanto, che il discrimine per non incappare nel predetto reato è il preventivo ricorso al giudice civile.
Pertanto, l'amministratore che intenda legittimamente provvedere alla sospensione delle forniture in danno del condomino moroso da più di sei mesi, deve preliminarmente, chiedere l'autorizzazione al giudice, al fine di ottenere il sigillo di legittimità in merito al proprio operato, oltre che i limiti, il contenuto e le modalità concrete del distacco delle forniture.
Ciò eviterebbe abusi da parte dei soggetti (amministratore) abilitati dalla legge (art. 63 disp. att. c.c.) a comminare la predetta sospensione delle forniture.
Va da se che, con un quadro così eterogeneo della giurisprudenza di merito -, come sopra riassunto - alcuni Tribunali, aderendo all'orientamento più restrittivo, consentirebbero la mera sospensione di forniture non essenziali, mentre altri, giungerebbero a decisioni diametralmente opposte, abilitando l'amministratore a sospendere forniture di vitale importanza, quali energia elettrica, gas o riscaldamento.
In materia, pertanto, non appare più procrastinabile l'intervento del legislatore che dovrebbe mettere mano alla norma e chiarire definitivamente i limiti e la portata della stessa ovvero - nell'inerzia dello stesso - ci si attende l'intervento risolutivo delle sezioni civili della Suprema Corte di Cassazione.
Fermo restando che, a parere di chi scrive, alcune forniture vitali, quali acqua, luce, gas, dovrebbero risultare intangibili, anche in caso di reiterata morosità, atteso il loro evidente impatto sulle condizioni di vita e salute dei malcapitati che dovessero incappare in tale problematica.
Fortunatamente, in tale contesto, si registra con soddisfazione come la giurisprudenza, sia pure con alcuni distinguo, sia stia lentamente orientando verso tale ultima e meno afflittiva soluzione (Cfr.: Tribunale di Brescia, (ord.) 29.09.2014, n. 15600; Tribunale di Alessandria, 17.07.2015), motivando detta scelta anche in virtù della risoluzione delle Organizzazioni delle Nazioni Unite, per cui "il bene acqua non è una semplice merce, ma è un'estensione del diritto alla vita" (Risoluzione ONU GA/10967, del 28.07.2010).



(www.StudioCataldi.it) 

lunedì 14 dicembre 2015

Condominio, delle demolizioni negli spazi comuni vanno informati tutti i comproprietari (fonte edilportale.com)

Cassazione: se qualcuno non è stato citato nel contenzioso, la sentenza va annullata.

 L’ordine di demolizione di un muro realizzato in uno spazio comune del condominio è illegittimo se nel contenzioso non sono stati coinvolti tutti i proprietari. Lo ha spiegato la Cassazione con la sentenza 21359/2015.

Nel caso preso in esame, un condomino aveva citato in giudizio il vicino accusandolo di aver realizzato un muro nel sottoscala comune. Secondo il condomino, con la creazione del muro il vicino si era appropriato di una parte del sottoscala.
Sulla base di questi motivi, il Tribunale ordinario aveva disposto lademolizione del muro. La sentenza è stata però considerata nulla perché non aveva considerato alcuni aspetti.
La Cassazione ha fatto notare che il condomino che aveva realizzato il muro era comproprietario, insieme alla moglie, dell’appartamento e della parte del sottoscala comune ad esso collegata. Quando aveva acquistato casa aveva infatti dichiarato di essere in regime di comunione legale con la moglie, che era quindi diventata comproprietaria dell’appartamento.
I giudici hanno spiegato che con l’acquisto i coniugi erano diventati proprietari non solo dell’appartamento, ma anche di una porzione delle parti comuni del condominio. Ciò significa che erano comproprietari di una parte del sottoscala e che nel contenzioso dovevano essere interpellati tutti e due perché la responsabilità della realizzazione del muro andava addebitata ad entrambi.  
Al contrario, ha sottolineato la Cassazione, era stato citato in giudizio solo uno dei comproprietari. L’altro non aveva ricevuto nessuna notifica e poteva quindi essere all’oscuro dell’accaduto.
La Cassazione ha quindi concluso affermando che bisogna sempre annullare le sentenze emesse quando dagli atti emerge che non sono stati citati tutti i comproprietari del bene su cui è stato realizzato il manufatto per il quale è stata chiesta la demolizione.
La presenza di questo vizio di forma ha reso necessaria la ripetizione delle procedure, con la notifica dell’atto di citazione a tutti i comproprietari e responsabili dell’abuso.

fonte: http://www.edilportale.com/news/2015/11/normativa/condominio-delle-demolizioni-negli-spazi-comuni-vanno-informati-tutti-i-comproprietari_48960_15.html

lunedì 7 dicembre 2015

Cortile condominiale, chi paga le spese di manutenzione? (fonte edilportale.com)

Se il cortile funge da copertura di locali interrati e i proprietari sono diversi, paga solo chi lo utilizza….

Quando il cortile ha anche la funzione di copertura, le spese per la sua manutenzione competono a chi lo utilizza come passaggio e non vanno condivise con i proprietari dei locali sottostanti. Lo ha chiarito il Tribunale Ordinario di Roma con la sentenza 1/2015.

Secondo i giudici, il riferimento normativo da prendere in considerazione è l’articolo 1125 del Codice Civile, che regola la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai.
In base a questa norma, le spese per la manutenzione sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti. Sono quindi a carico del proprietario del piano superiore gli interventi sulla copertura delpavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
Nel caso preso in esame, un cortile condominiale, di proprietà comune, fungeva anche da solaio per una serie di locali interrati appartenenti ad un altro proprietario. Se anche i locali interrati fossero stati condominiali, hanno spiegato i giudici, il problema non si sarebbe posto perché tutte le spese sarebbero state ripartite in base alle quote millesimali.
Dato che i proprietari del cortile e quelli del solaio erano diversi, il Tribunale ha stabilito che i costi del rifacimento della superficie del cortile dovessero essere ripartiti tra coloro che lo utilizzavano e che quindi, con il loro passaggio, contribuivano all’usura.
Allo stesso modo i giudici hanno spiegato che i proprietari del cortile non sarebbero stati chiamati in causa nel caso in cui ad avere bisogno di manutenzione fosse stato il soffitto dei locali interrati.

giovedì 26 novembre 2015

GLI ACCORDI DI USUCAPIONE IN MEDIAZIONE NON SONO ASSIMILABILI ALLE SENTENZE DI ACCERTAMENTO" - Corte di Appello R.C. 12.11.2015

Riportiamo un interessante articolo di Paolo Cuzzola su mediazione ed usucapione:

"Gli accordi di conciliazione, anche se trascritti, non sono assimilabili alle sentenze di accertamento dell'usucapione, essendo inopponibili ai terzi che vantano titoli anteriormente trascritti o iscritti che in qualche modo possano essere pregiudicati dagli accordi medesimi".
E' quanto stabilito dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria con sentenza del 12.11.2015: viene escluso, dunque, che il verbale di conciliazione in tema di usucapione (a differenza della sentenza di accertamento dell'usucapione) possa avere effetti liberatori (cd. usucapio libertatis) sul bene usucapito, non potendosi opporre ai terzi estranei all'accordo l'acquisto a titolo originario del bene e la retroattività degli effetti dell'usucapione.
Come noto, la nuova disciplina - di cui all'art. 84 bis d.l. 21 giugno 2013 n. 69, conv. in l. 9 agosto 2013 n. 98, ha modificato l'art. 2643 c.c., includendo così tra gli atti soggetti a trascrizione gli "accordi di mediazione che accertano l'usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato".
Tuttavia, resta fermo che lo stesso accordo di mediazione non è assimilabile, quanto agli effetti, alla sentenza di accertamento dell'usucapione, la cui trascrizione è disciplinata dall'art. 2651 c.c..
Per consolidata dottrina, infatti, all'acquisto a titolo di usucapione accertato con sentenza (acquisto a titolo originario) non si applica il principio della continuità delle trascrizioni, sancito dall'art. 2650 c.c., e la trascrizione della relativa sentenza, ai sensi dell'art. 2651 c.c., ha valore di mera pubblicità notizia.
Contrariamente, evidenziano i giudici reggini, gli accordi conciliativi in materia di usucapione rientrano tra gli atti ed i contratti elencati nell'art. 2643 c.c., per i quali gli effetti della pubblicità sono regolati non dall'art. 2651 c.c., bensì dalle norme degli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., che si improntano al principio della continuità delle trascrizioni che sorregge il sistema della pubblicità con riferimento agli acquisti derivativo-traslativi.
Può concludersi, quindi, che tale verbale conciliativo attribuisce all'usucapiente un diritto che può far valere nei confronti dei terzi nei limiti dei diritti spettanti all'usucapito e nel rispetto delle regole sulla continuità delle trascrizioni, sicché, precisa la Corte "tale accordo non può in alcun modo danneggiare terzi soggetti estranei al medesimo che vantino legittimi titoli anteriormente trascritti o iscritti".
link alla fonte:

lunedì 23 novembre 2015

Cassazione: nel regolare i confini valgono rogiti e testimonianze e poi le mappe catastali (Fonte: www.StudioCataldi.it)


Nel giudizio di regolamento di confini, che ha per oggetto l'accertamento di un confine obiettivamente e soggettivamente incerto tra due fondi, il giudice ha un ampio potere di scelta e di valutazione dei mezzi probatori acquisiti al giudizio.
In tal senso, il ricorso alle indicazioni delle mappe catastali costituisce un sistema di accertamento di carattere meramente sussidiario, al quale, cioè, si può fare riferimento solo in assenza di altri elementi idonei alla determinazione del confine.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza n. 23682/2015 accogliendo il ricorso diun proprietario che aveva chiesto ai giudici di merito di dichiararsi l'inesistenza della servitù di passo attraverso la sua proprietà. 
Tuttavia, nei precedenti giudizi, Tribunale e Corte d'Appello stabilivano che il tratto di terreno in esame fosse, in realtà, proprietà del convenuto.
La consulenza disposta in sede di gravame aveva rilevato l'impossibilità di ricostruire in loco il frazionamento a suo tempo richiamato negli atti di provenienza ed allegato agli stessi, a causa delle intervenute modificazioni dei luoghi nell'arco di 40 anni.
Pertanto, i giudici avevano considerato maggiormente attendibili gli accertamenti peritali rispetto alle dichiarazioni testimoniali, stabilendo che quanto emerso dalle mappe catastali fosse la più vicina rappresentazione della volontà delle parti espressa in atto.
Di contrario avviso gli Ermellini, che evidenziano il carattere sussidiario delle indicazioni catastali, rendendosi necessaria da parte dei magistrati una verifica ampia che tenga conto di tutti i mezzi probatori acquisiti al processo.
Le risultanze catastali sono state privilegiate erroneamente, in quanto la relativa rappresentazione evidenziava un contrasto con quanto emerso dai frazionamenti allegati e richiamati nei rogiti di acquisto, i quali invece indicavano un'estensione dei terreni diversa.
I giudici hanno sbagliato a giustificare tale scelta affermando che non sarebbe stato possibile dare rilievo ai frazionamenti a causa della mutata situazione dei luoghi, della irreperibilità dei capisaldi a suo tempo utilizzati e della impossibilita di ricostruirli.
In aggiunta, non sono state debitamente esaminate e valutate le risultanze testimoniali che avrebbero potuto (e dovuto) integrare l'indagine dell'ausiliario nella determinazione del confine e nell'esatta estensione dei fondi.
Parola al giudice del rinvio, che dovrà adeguarsi ai principi espressi dalla Corte e procedere alle dovute verifiche.
(www.StudioCataldi.it) 


venerdì 20 novembre 2015

La società «delega» chi ha potere di gestione (da Il Sole 24Ore)

La titolarità di un immobile in un condominio può essere di una persona fisica ma anche giuridica, sia essa un ente, un’associazione, una fondazione o una società.
Nel caso in cui la proprietà di un immobile sia riferibile a una società, il potere decisionale in merito alle questioni condominiali va generalmente individuato nel soggetto dotato dei poteri di gestione e rappresentanza.
Mentre nelle società di persone il soggetto deputato a prendere le decisioni inerenti un bene sociale può essere individuato nel titolare della ditta nella società semplice, nei soci della società in nome collettivo o nei soci accomandatari nella società in accomandita semplice, nelle società di capitali detta figura va generalmente individuata nell’amministratore designato dai soci. Resta salva la facoltà del soggetto dotato dei poteri di gestione e rappresentanza di delegare tale attività a un terzo o a un altro condomino proprietario.
I beni sociali non possono essere considerati alla stregua di «una proprietà indivisa a più persone» ma un bene che ha quale unico proprietario la società e, pertanto, per gli stessi non trova applicazione il secondo comma dell’articolo 67 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile (che disciplina invece la rappresentanza per i beni in comunione) secondo cui i comproprietari hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, designato a norma dell’articolo 1106 del Codice civile.

giovedì 19 novembre 2015

Condominio: reato gettare rifiuti dal balcone (www.laleggepertutti.it)


Il condomino che butta rifiuti dal balcone, sporcando il giardino sottostante o i balconi dei vicini è colpevole del reato di “gettito di cose pericolose” previsto dal codice penale: in particolare la norma sanziona il comportamento di chi getta o versa, in un luogo pubblico o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, oppure nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti. Dunque, non è solo l’oggetto potenzialmente pericoloso a finire nel mirino della norma, ma anche tutti quegli altri oggetti o liquidi che possono sporcare la proprietà altrui o condominiale. Così, in una recente sentenza, la Cassazione ha condannato un uomo colpevole di ripetuti gettiti di spazzatura dal proprio balcone, tutti destinati a cadere sullo spiazzo condominiale. A inchiodare il responsabile dei gesti incivili sono state le fotografie di un vicino, che hanno dimostrato in quali condizioni era stato ridotto il cortiletto sottostante. La Suprema corte sottolinea che la responsabilità dell’imputato può essere basata anche sulle sole dichiarazioni della persona offesa, se queste, dopo verifiche più rigorose di quelle riservate ad altri testimoni, risultano attendibili. Così, per l’uomo, è scattata la condanna piena senza la condizionale, nonostante fosse incensurato.

Sul reato di gettito di cose pericolose si è più volte espressa, in passato, la Cassazione. In una occasione ha condannato una condomina che evidentemente teneva molto alla pulizia del suo terrazzo: peccato che, per mantenerlo lindo, gettasse i mozziconi di sigarette su quello sottostante e, non contenta, finisse l’opera con un po’ di candeggina, anche questa destinata a seguire la legge di gravità. In questi casi, quando la condotta è reiterata, può scattare anche l’aggravante.

Rientra ancora nel reato in commento il comportamento di chi innaffia le piante e fa cadere, sulle proprietà sottostanti, il fango e il terriccio conseguente allo straboccare dell’acqua dai vasi. Ed ancora di chi non presta il dovuto controllo sul proprio animale da appartamento e consente che gli escrementi o l’urina del cane o del gatto finiscano ai piani bassi.

Al contrario, resta immune da condanna chi è responsabile della pioggia di polvere e briciole conseguenti allo sbattimento dei tappeti e della tovaglia da pranzo. In proposito, secondo la Corte Suprema, il condomino che scuote tappeti o tovaglie, facendo, così, cadere briciole e polvere sulle finestre e sul terrazzo del condomino sottostante non risponde del reato di getto pericoloso di cose per impossibilità di causare, con tale condotta, imbrattamenti e molestie alle persone. Tale norma, infatti, deve essere intesa alla luce dell’interesse perseguito con l’incriminazione, che appartiene alla materia della polizia di sicurezza, concernendo la prevenzione di pericoli per una pluralità di soggetti.
La diffusione di polveri nell’atmosfera rientra nella nozione di “versamento di cose” e non in quella di “emissione di fumo” contemplata dalla seconda ipotesi, in relazione alla quale soltanto è richiesto il superamento dei limiti di legge, poiché, se il fumo è sempre prodotto della combustione, la polvere è prodotto di frantumazione e non di combustione.
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sabato 14 novembre 2015

Parigi, casa mia……….

Nessuna parola, nessuna immagine, nessun articolato discorso, può riuscire a descrivere quello che sentiamo oggi. Ancora una volta ci troviamo a vivere l'orrore di una strage che ha coinvolto gli uomini di buon senso, subendone le conseguenti paure e le naturali preoccupazioni.
E' successo a Parigi, per caso, ma non ci saremmo stupiti se fossimo stati colpiti al ventre da un attentato a Roma, a Firenze, a Venezia, a Milano o a Napoli. Avremmo solo sentito più forte l'eco del boato di un'esplosione o di un tranciante ritmo di mitraglia. Ma non sarebbe cambiato il senso di sconforto.
Sono stati colpiti giovani, ad un concerto in un teatro, a cena di venerdi sera nei ristoranti, solo per un fortuito caso non sono stati coinvolti altre centinaia di giovani appassionati di calcio….. non sappiamo se era già successo, il nostro normale senso di autodifesa ci impedisce di tenere la contabilità di chi viene ucciso e devastato dagli attentati, specialmente da quelli che si succedono vicino a noi od in ambienti a noi affini, quasi che il non pensarci serva ad esorcizzare un rischio che si fa sempre più concreto. 
Ma ci è sembrato significativo che dei tanti morti ammazzati, mutilati, straziati, la maggior parte fossero giovani. La mente malata e stravolta di chi ha pensato queste stragi, ammesso che riesca ad avere un pensiero di senso compiuto, ha inteso mandare l'inequivocabile messaggio che l'entusiasmo, la speranza, il progetto, il desiderio non hanno ragione di essere, non possono che essere soffocati dalla malvagità e dalla pazzia di chi vede nel terrore il mezzo e lo strumento per orientare la vita degli altri, disponendone grazie al terrore.
In questo momento davanti alla tv, si susseguono volti di politici e commentatori che muovono la bocca, non emettendo suoni, o per lo meno parole che riusciamo a sentire ed a capire, tanto sono vuote o inutili, sovrastate dalle immagini delle stragi di Parigi che da ieri sera riempiono le ore.
Silenzio, per favore, almeno per qualche giorno.
Siamo sconvolti.
Ma la compostezza della reazione di un giovane parigino che, davanti alla crudezza dei delitti, con ancora indosso una maglietta macchiata rosso sangue, riesce a dire che reagiremo, tutti insieme, con la forza della speranza e delle idee, fa riflettere. E fa tanto riflettere che non riusciamo nemmeno noi a capire dove si possa trovare una forza d'animo così grande.
Ma se riesce a dirlo lui, con le carni sanguinanti, dobbiamo farlo anche noi.
Parigi, casa mia.

(Claudia, Simone e Luca)


venerdì 13 novembre 2015

Cassazione: commette diffamazione l'amministratore che invia una lettera ai condomini in cui riporta frasi offensive pronunciate in assemblea Fonte: (www.StudioCataldi.it)

È punibile per diffamazione l'amministratore che trasmette a tutti i condomini una lettera offensiva in cui sono riportati epiteti denigratori verso altri comproprietari pronunciati da altre persone.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 44387/2015 (qui sotto allegata), dichiarando inammissibile il ricorso presentato da un amministratore di condominio condannato per il reato previsto dall'art. 595 c.p. 
L'imputato, aveva inviato, quale amministrare di condominio, una lettera a tutta i condomini rappresentando che nel corso di un'assemblea condominiale un geometra (rappresentante dell'INPDAP proprietario di circa un terzo degli immobili condominiali) si era espresso nei riguardi di due presenti sostenendo che i due "non capivano niente ed erano malfattori, gentaglia  e delinquenti". 

Uno degli offesi era presidente dell'assemblea condominiale nella quale erano volati gli ingiuriosi epiteti e aveva contestato in quella circostanza alcune voci del bilancio predisposte dal ricorrente, inducendo quest'ultimo a rassegnare successivamente le proprie dimissioni. 
Lamenta il ricorrente che le frasi ritenute offensive erano state riportate nella missiva con unica ed evidente finalità di adempiere al proprio dovere di amministratore, rendendo edotti i condomini sulle vicende relative all'assemblea condominiale e su quelle della vita condominiale in genere. 
Siccome diversi condomini avevano abbandonato l'assemblea in massa per protesta, era necessario informarli sugli eventi accaduti incidenti sui loro diritti patrimoniali. 

Ma le censure sollevate dall'uomo sono inammissibili per la Cassazione. 
Appare evidente che la missiva fosse stata inserita nelle buche delle lettere dei vari condomini, nonostante il ricorrente avesse prima sostenuto di averla inviata ai soli offesi; è il tenore delle sue stesse doglianze che contraddice il presunto invio ai soli due offesi. 
Infatti, reclamando la causa di giustificazione ex art. 51 c.p. (Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere), l'imputato sostiene che i condomini "dovevano sapere" come erano andate le cose in occasione della precedente assemblea ed era suo diritto-dovere informali, e in tal modo conferma che lo scritto era destinato ad essere divulgato
Lo stesso tenore della lettera, come rilevato dai giudici di merito, contentava una serie di comunicazioni di interesse del condominio tutto e non dei singoli. 

Ciononostante, la libertà di riferire i fatti, e anzi il dovere quale amministratore di informare i condomini, doveva accordarsi con l'interesse della persona offesa a che non venisse amplificata l'espressione ingiuriosa asseritamene pronunciata da un terzo ai suoi danni
La comunità dei condomini non avrebbe avuto alcun interesse nel venire a conoscenza delle presunte offese pronunciate, mentre invece avrebbe fatto comodo al ricorrente utilizzare tale canale di trasmissione per diffondere le informazioni offensive della reputazione dei due condomini (che, si ricordano, avevano contestato il suo operato portandolo alle dimissioni). 

Il ricorrente, argomentava che, una volta informato sulle pressioni per far sì che venisse nominato un nuovo amministratore egli aveva agito nello stato d'ira provocato da un fatto ingiusto ascrivile alle presunte persone offese. 
È evidente che la lettera venne preparata e divulgata per ottenere il massimo effetto di diffusione e conoscenza al'interno della realta del grande complesso condominiale, circostanza indicativa di una valutazione di gravità non minima del fatto che non consente di ricorrere all'art. 131-bis c.p.  


(www.StudioCataldi.it) 

lunedì 9 novembre 2015

Cassazione: paga le spese alla facciata anche il condomino che non utilizza i balconi comuni I contributi per la manutenzione del bene condominiale vanno divisi pro quota a differenza delle spese d'uso Fonte: www.StudioCataldi.it

Il condomino è tenuto a pagare le spese relative ai lavori effettuati sulla facciata dell'edificio nonostante l'intervento coinvolga balconi condominiali sui quali egli non trae alcuna utilità.


Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nella sentenza n. 21028/2015 originata dal ricorso di un uomo contro la delibera condominiale che provvedeva a ripartire tra i condomini le spese per i lavori di manutenzione effettuati sulla facciata dello stabile.
Il ricorrente deduce la violazione dell'art. 1123, comma 3, c.c., ritenendo che i giudici di merito avrebbero dovuto valorizzare il rapporto di pertinenza e di destinazione che lega soltanto alcuni dei condomini ai balconi interessati dalle operazioni di manutenzione, in virtù dell'esclusiva utilità che questi ne traggono, con consguente esclusione degli altri dalla partecipazione alle spese per detti beni.

Gli Ermellini ritengono, tuttavia, di condividere le conclusioni raggiunte dai giudici di merito, precisando che in tema di oneri condominiali va effettuata una distinzione tra spese occorrenti per la conservazione dell'immobile e spese funzionali al godimento dello stesso, avendo ciascuna di essere una diversa funzione ed esigenza.

contributi per la conservazione del bene condominiale, sono dovuti in ragione dell'appartenenza e si dividono in proporzione alle quote, indipendente dal vantaggio soggettivo connesso alla destinazione della parte comune alle esigenze di singoli piani o porzioni di essi, in quanto necessarie a custodire e preservare il bene comunque in modo che perduri nel tempo senza deteriorarsi.
Le spese d'uso, invece, vanno ripartite in proporzione tra i condomini poiché originano dal godimento soggettivo e personale riguardando l'utilità che la cosa comune offre in concreto.

Nel caso di specie i giudici di merito hanno correttamente identificato l'esatta natura dei costi di manutenzione qualificandoli come spese di conservazione, la cui ripartizione prescinde dall'effettivo utilizzo.
Nessuna carenza di motivazione può riscontrarsi nella sentenza impugnata, pertanto il ricorso va rigettato e il ricorrente è tenuto a pagare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (ex art. 13 D.P.R. n. 115/2002).

Fonte: Cassazione: paga le spese alla facciata anche il condomino che non utilizza i balconi comuni 
(www.StudioCataldi.it) 

martedì 3 novembre 2015

Condominio: la lavatrice è rumorosa e disturba ogni giorno? Nessun risarcimento per i vicini Fonte: www.StudioCataldi.it

In condominio si sa si litiga veramente per tutto: per i bambini che giocano rumorosamente, per i latrati dei cani, per il volume alto della tv, per il ticchettio dei tacchi e non ultimo per la lavatrice! Ebbene sì perché per chi non ha abbracciato le innovazioni tecnologiche degli elettrodomestici ultra “silenziosi”, lavare i panni sporchi in casa propria, significa spesso condividerli con i vicini, con centrifughe che sembrano veri e propri reattori nucleari azionate a tutte le ore del giorno e della notte.

Ma per la Cassazione, anche se il rumore causato dalla lavatrice del vicino supera il limite dei tre decibel consentiti, laddove lo stesso non si protragga troppo a lungo e in orari che non sono destinati al riposo, i vicini disturbati non hanno diritto ad alcun risarcimento.

Seguendo questo ragionamento, il Palazzaccio, con la sentenza n. 22105/2015,, depositata ieri (qui sotto allegata), ha dato così torto a un condomino che chiedeva conto al vicino abitante al piano di sopra delle “molestie” della sua lavatrice, domandando la condanna al risarcimento dei danni morali e biologici subiti (da lui e dai familiari) per via dei forti rumori provenienti dall’elettrodomestico collocato in una stanza al piano superiore, esattamente in corrispondenza della sua camera da letto.

Per gli Ermellini “il limite di tollerabilità delle immissioni, a norma dell'articolo 844 c.c., non ha carattere assoluto, ma relativo, nel senso che deve essere fissato con riguardo al caso concreto, tenendo conto delle condizioni naturali e sociali dei luoghi e delle abitudini della popolazione”. Tale apprezzamento – hanno ribadito – è demandato al giudice di merito e sottratto al sindacato di legittimità, se correttamente motivato e immune da vizi logici. Per cui il giudice, nello stabilire la tollerabilità o meno delle emissioni può basarsi sui parametri dei decibel che costituiscono “criteri minimali di partenza” ma non ne è necessariamente vincolato,potendo anche discostarsene, “pervenendo al giudizio di intollerabilità, ex art. 844 c.c., delle emissioni, ancorché contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica (posta preminentemente a tutela di situazioni soggettive privatistiche, segnatamente della proprietà)”.

E nel caso di specie, il giudice di merito ha accertato che la lavatrice incriminata quando era a pieno carico e nella fase di centrifuga superava certo i 3 decibel, ma il vicino disturbato non aveva né provato l’utilizzo particolarmente intenso della stessa né che i lavaggi avvenissero di notte o nel primo pomeriggio, essendo emerso invece che il rumore si protraeva soltanto per 5-10 minuti al giorno e in orari non destinati al riposo.

Pertanto, aderendo alla tesi della corte territoriale, piazza Cavour ha confermato che il rumore non poteva essere ritenuto “obiettivamente intollerabile” e ha rigettato il ricorso. 




Fonte: Condominio: la lavatrice è rumorosa e disturba ogni giorno? Nessun risarcimento per i vicini
(www.StudioCataldi.it)