martedì 28 giugno 2016

Nuovo proprietario e spese condominiali arretrate Fonte: www.StudioCataldi.it

Quando si acquista un appartamento che fa parte di un condominio il timore di molti è quello di trovarsi onerati del pagamento delle spese condominiali che il vecchio proprietario abbia eventualmente lasciato in arretrato. Si tratta di un timore fondato, anche se solo in parte.
L'articolo 63 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, infatti, al comma quattro stabilisce che chi subentra nei diritti di un condomino risponde del pagamento dei contributi solidalmente con questo. L'obbligo però è limitato nel tempo e resta circoscritto ai contributi relativi all'anno in corso e a quelli relativi all'anno precedente (laddove per anno deve intendersi quello di esercizio condominiale e non quello solare).
Si tratta di una norma evidentemente posta a tutela del condominio e della necessità di questo di poter provvedere alla gestione con i fondi dei quali abbia bisogno.
Trattasi, peraltro, di norma speciale che, in quanto tale, prevale su quella prevista in generale per la comunione dall'articolo 1104 del codice civile.
In ogni caso, occorre precisare che se l'acquirente al quale sia richiesto il pagamento degli oneri condominiali ai sensi dell'articolo 63 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile adempia l'obbligazione solidale, egli può comunquerichiedere al precedente proprietario il rimborso. La legge, infatti, stabilisce una responsabilità solidale dell'acquirente e del venditore nei confronti del condominio ma non è idonea di per se a trasferire il debito nel rapporto tra le parti.
A tal proposito è interessante sottolineare che, come sancito dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 8782 del 10 aprile 2013 e dalla stessa ricordato con l'ordinanza numero 702 del 16 gennaio 2015, nella valutazione dei limiti della solidarietà è importante la determinazione del momento in cui matura l'obbligo di contribuzione alle spese condominiali.
In particolare occorre fare una distinzione netta tra le spese necessarie per la manutenzione ordinaria e quelle invece previste per lavori straordinari dai quali derivino un'innovazione e un onere rilevante per i condomini.
Nel primo caso, infatti, indipendentemente da quando l'assemblea condominiale ha deliberato l'intervento, l'obbligo del pagamento dei contributi sorge quando i relativi lavori sono eseguiti o i relativi servizi vengono prestati.
Nel secondo caso, invece, per evidenti ragioni bisogna far riferimento alla data in cui i lavori sono stati deliberati.
In tal senso la Cassazione si è pronunciata, ad esempio, con la sentenza numero 24654 del 3 dicembre 2010, chiarendo che "in caso di vendita di una unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni, qualora venditore e compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla ripartizione delle relative spese, è tenuto a sopportarne i costi chi era proprietario dell'immobile al momento della delibera assembleare che abbia disposto l'esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore costitutivo della relativa obbligazione. Di conseguenza, ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l'acquirente ha diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all'art. 63 disp. att. c.c.".
Tale principio è stato più recentemente ribadito anche dal Tribunale di Milano che, nella sentenza numero 27 del 12 gennaio 2016, ha aggiunto che "la delibera giuridicamente rilevante al fine di individuare il soggetto tenuto a sopportare gli oneri di un intervento straordinario, tuttavia, è solo quella con la quale tali interventi siano effettivamente approvati in via definitiva, con la previsione della commissione del relativo appalto e la individuazione dell'inerente piano di riparto dei corrispondenti oneri, non assumendo rilievo l'adozione di una precedente delibera assembleare meramente preparatoria o interlocutoria, che non sia propriamente impegnativa per il condominio e che non assuma, perciò, carattere vincolante e definitivo per l'approvazione dei predetti interventi".


(www.StudioCataldi.it) 

martedì 21 giugno 2016

Tetti, muri perimetrali e valutazione della condominialità: la domanda non è scontata…… (da condominioweb.com)

Quando è possibile affermare che, ad esempio, i tetti, i muri perimetrali o altre parti dell'edificio possono essere considerati beni condominiali?
In che modo e a chi spetta la valutazione della condominialità di una parte/impianto dell'edificio?
E a queste domande, in sostanza, che ha risposto – nel solco del proprio unanime orientamento – la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7704 resa il 19 aprile 2016.
Entriamo nel dettaglio della questione.
Com'è noto l'art. 1117 c.c. elenca i beni comuni. La norma contiene la specificazione che fa salva ogni differente indicazione del titolo: in parole diverse ciò che è parte comune per la legge, potrebbe essere di uno solo o di pochi in ragione di una disposizione contenuta negli atti d'acquisto o nelregolamento condominiale contrattuale.
Quanto al valore dell'elencazione contenuta nell'art. 1117 c.c. è opinione unanimemente condivisa quella che veda in essa una mera esemplificazione delle parti da ritenersi comuni (cfr. ex multis Cass. 29 gennaio 2015, n. 1680).
In che modo si può dire che una cosa, non menzionata dall'articolo appena citata sia condominiale? Sempre la Cassazione ha specificato che la condominialità di un bene deriva sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione del medesimo al servizio comune (Cass. 13 marzo 2009, n. 6175). Proprio in ragione di queste considerazioni è possibile anche il contrario, ossia che un bene menzionato nell'art. 1117 c.c. non debba essere considerato in condominio in mancanza delle qualità appena citate (cfr. in tal senso Cass. SS.UU. n. 7449/1993).
In questo contesto, ad esempio, la sentenza n. 7704 citata in principio ha ricordato che i muri perimetrali e la copertura, che costituiscono il collegamento strumentale naturale dei beni condominiali, essendo necessari per l'esistenza e l'uso delle singole proprietà, destinati in modo stabile al servizio e al godimento collettivo.
Chi valuta la ricorrenza di tali requisiti e di conseguenza – in mancanza di indicazioni nel titolo – la condominialità o meno di un bene?
La sentenza n. 7704 ribadisce che spetta esclusivamente al giudice di merito accertare, dopo aver preso in esame la situazione dei luoghi e delle cose se un determinato bene, per la sua struttura e conformazione e per la funzione cui è destinato, rientri tra quelli condominiali oppure sia di proprietà esclusiva ovvero se si tratti di bene comune solo a taluni condomini o, infine, se sia comune al condominio e (solo) ad alcuni dei singoli proprietari esclusivi, non potendosi escludere a priori la ricorrenza di una eventualità siffatta (cfr Cass. 7 maggio 2010 n. 11195)” (Cass. 19 aprile 2016 n. 7704).
Insomma sulla condominialità dei beni decide il giudice investito della controversia. La decisione del giudice di merito è insindacabile in Cassazione se adeguatamente motivata. Come dire: se chi ha giudicato lo ha fatto seguendo i principi fin qui indicati, la Cassazione non potrà far altro che prenderne atto.

Fonte http://www.condominioweb.com/decide-il-giudice-sulla-condominialita-dei-beni.12655#ixzz47oK0L2im
www.condominioweb.com 

venerdì 17 giugno 2016

Corso di aggiornamento annuale per Amministratori condominiali 12 e 20 Luglio 2016 al Collegio Geometri di Lodi

Segnaliamo che il Collegio Provinciale Geometri di Lodi ha organizzato, in collaborazione con Tregeoformazione, il Corso di aggiornamento annuale obbligatorio per Amministratori condominiali, per il 12 e 20 Luglio prossimo.

Il corso tratterà, nella lezione del 12/07, di "CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE E RIPARTIZIONE SPESE", mentre nella lezione del 20/07 affronterà “LA CONTABILITA' CONDOMINIALE: COME AFFRONTARE LE PROBLEMATICHE TRIBUTARE E CONTABILI (E NON SOLO) DERIVANTI DALLE NOVITA' NORMATIVE.

Per informazioni contattate il Collegio Geometri di Lodi o l'Associazione Tregeoformazione.

sede@collegio.geometri.lo.it
tregeoformazione@gmail.com



giovedì 16 giugno 2016

Parcheggio aggressivo in condominio: turbativa del possesso? (fonte: diritto.it)



La disposizione dell’art. 1102, comma 2, c.c., secondo la quale il partecipante alla comunione non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso, impedisce al possessore, che abbia utilizzatola cosa comune oltre i limiti della propria quota, non solo l’usucapione ma anche la tutela possessoria del potere di fatto esercitato, fino a quando questo non si riveli incompatibile con l’altrui possesso.




Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sez. II Civile, con la sentenza n. 10624 depositata il 23 maggio 2016.

Il caso. 


La ricorrente citava in giudizio la convenuta, dichiarando di essere la proprietaria di un immobile facente parte di un edificio bifamiliare e che, per accedere ai rispettivi garage, occorreva transitare attraverso uno spazio comune ai proprietari delle due unità immobiliari.
In tale spazio comune era stata eretta dalla ricorrente una tettoia sotto la quale la stessa era solita parcheggiare le sue due autovetture.
Sosteneva la ricorrente che la convenuta aveva iniziato a parcheggiare la sua autovettura in modo da impedirle di accedere e di uscire dallo spazio sotto la tettoia.
La ricorrente, pertanto, chiedeva che fosse ordinato alla convenuta di reintegrarla nel possesso dei due posti auto sotto la tettoia, inibendole di parcheggiare l’auto con modalità tali da impedire l’ingresso e l’uscita dalle sue due autovetture.

Il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso, ritenendo che non fosse stato provato il possesso esclusivo da parte della convenuta dei posti auto sotto la tettoia.
Avverso la sentenza di primo grado la ricorrente proponeva appello e la Corte d'Appello di Venezia accoglieva il gravame, ordinando alla convenuta di astenersi dal parcheggiare in modo da impedire l'uscita dai posti auto che si trovano nello spazio comune sotto la tettoia. La Corte di Venezia affermava che, pur non potendosi ritenere pienamente provato il possesso esclusivo da parte della ricorrente dei due posti auto sotto la tettoia, era stato invece dimostrato che la convenuta, quando entrambi i posti sotto la tettoia erano occupati, parcheggiava la sua auto sullo spazio scoperto in maniera da impedire la manovra di uscita ai veicoli posti